05 novembre 2005

Portelli sulle fonti orali


Qui di seguito, liberamente schematizzati, alcuni aspetti metodologici sulla storia orale messi in luce da Sandro Portelli:

1 – Le fonti orali e fonti scritte: non si escludono a vicenda, ma hanno alcuni caratteri comuni e alcune funzioni specifiche che solo l’una o l’altra possono assolvere.

2 – Le fonti orali sono “orali”, dunque vanno comprese nella forma in cui sono date. La scrittura riduce il linguaggio in segmenti: lettere, sillabe, parole, frasi… L’oralità invece ne conserva i tratti sovrasegmentali: il volume, il tono, la velocità, le pause… e proprio in questi ultimi risiedono funzioni narrative che rivelano la partecipazione del narratore alla storia, l’affettività contenuta nel parlato.

3 – le fonti orali sono fonti narrative e per analizzarle non si può prescindere dalle categorie generali dell’analisi del racconto. Non esistono forme narrative orali specifiche per trasmettere informazioni storiche (almeno quando l’oralità coesiste con scrittura e scolarità), ma narrazione storica, leggendaria e poetica si intersecano, producendo spesso racconti in prima persona in cui invenzione e informazione si alternano.

4 – Le fonti orali oltre che (in certa misura) informarci dei fatti, ci informano specificamente sul loro significato. Sono fonti che, meglio di altre, rappresentano la soggettività del narratore e, estendendo la ricerca, di una classe sociale. Non dicono tanto cosa è accaduto, ma cosa i narratori credevano accadesse, avrebbero voluto accadesse, credono sia accaduto. Le fonti orali spiegano quella componente soggettiva della storia che è tanto importante quanto lo è quella materiale, dei fatti.

5 – Le fonti orali sono, in certo senso, sempre attendibili, perché aderiscono ad una attendibilità diversa. L’interesse per le fonti orali non concerne infatti solamente la loro aderenza ai fatti (nel qual caso la loro attendibilità è circoscritta a quelle che sono verificate da altre fonti), ma anche e soprattutto la loro divaricazione da essi: l’errore infatti può rivelare l’immaginario, il simbolico, il desiderio, oppure processi di rimozione collettiva o altro ancora. Lungi dal determinare un’esclusione della fonte, l’errore, opportunamente sottoposto a critica, può rivelare informazioni e “dimensioni” (psicologica, ad esempio) di grande interesse.

6 – Le fonti orali non sono “oggettive” (come tutte, del resto, nonostante la sacralità attribuita a quelle scritte). E non lo sono perché sono di parte (espressione di una parte), non contemporanee all’evento ma alla ricerca, costruite dall’intervistatore, sono in fondo il prodotto di un dialogo istauratosi tra intervistatore e intervistato, cosa che, in qualunque forma saranno divulgate, dovrà trasparire chiaramente.
E poi, non potendosi mai esaurire l’intera memoria storica di un intervistato, sono sempre parziali, una parte dei suoi ricordi. E non potendoci essere ricostruzione storica che non tenga conto delle fonti orali e del loro apporto, tale parzialità strutturale della fonte orale diventa la parzialità strutturale di qualsivoglia ricostruzione della storia.

1 commento:

army ha detto...

ciao, il tuo blogger è molto interessante, spero che tu veda anche il mio!!!
http://djarmy.blogspot.com/
Ciao a presto!!!