05 novembre 2005

Bermani: storia orale e audiovisivo


Di seguito l'avvertenza di Bermani sull'uso dell'audiovisivo in storia orale. Le conclusioni mi sembrano interessanti.
E' solo una citazione, il link rimanda all'intervento integrale:

"Un'avvertenza: in questi volumi non viene affrontato il problema della fissazione di narrazioni orali in audiovisivo, perché ciò significherebbe entrare in un campo che è solo apparentemente vicino a quello della storia orale ma ne è invece tuttora assai lontano.
La fissazione di narrazioni orali tramite il magnetofono oppure tramite il videotape o la cinepresa, lungi dal dare maggiore o minore comunicazione a seconda del mezzo utilizzato, produce comunicazioni intrinsecamente differenti.
Se è infatti vero che un racconto orale è pienamente comunicante solo dal vivo, quando sguardo, ammiccamenti, pause e silenzi sono aspetti integranti della comunicazione, quindi l'audiovisivo sembrerebbe una dimensione piu consona a riprodurre la comunicazione (che non è mai solo orale, ma anche gestuale e mimica), di fronte a strumenti tecnici diversi è ben raro che una medesima persona si comporti nel medesimo modo e racconti alla stessa maniera.
Ma poi il problema è soprattutto di metodo. Sull'inserimento della comunicazione orale all'interno della comunicazione visiva manca infatti a tutt'oggi quella riflessione specifica su strumento e fonti che ha invece caratterizzato la storia orale.
Sicché la storia in audiovisivo o in film resta a tutt'oggi prevalentemente improntata a una cattiva divulgazione, preoccupata più della "bellezza del montaggio" che di un uso corretto e non manipolatorio delle fonti. E se la storia che ci passa la televisione è per io più il regno prediletto non della riflessione storica ma della "persuasione occulta", mentre anche prodotti di qualità come Gli ultimi giorni, di James Moll, prodotto da Steven Spielberg, basato su cinque delle interviste della "Shoa Foundation" con i sopravvissuti dei campi di sterminio nazisti, sottointendono per lo più delle storiografie quanto mai equivoche.
Ha notalo giustamente Alessandro Portelli che la scelta del regista de Gli ultimi giorni di evitare voci fuori campo "esibisce un'intenzione di oggettività antiautoritaria, ma sottintende anche un'idea di onnipotenza filmica: non commentiamo le immagini sia perché non imponiamo un'interpretazione, sia perché parlano da sé. Il problema però è che "fuori campo" c'è ben altro: macchine e persone, mezzi tecnici, mezza dozzina di troupe internazionali... L'assenza della voce fuori campo allora è più manipolatoria di una sua presenza, perché fa parlare le immagini ma non fa vedere in che modo sono state prodotte, per cui presenta un evento costruito come un evento spontaneo". Quindi proprio "l'osservatore - qui, la macchina da presa e l'apparato produttivo - è la condizione che permette di vedere l'evento osservato, o addirittura lo crea: così, la produzione che, certo facendogli un grande dono, riporta queste persone e i loro figli ad Auschwitz, per poter filmare [... ]. La storia orale, scritta o filmata, non consiste dunque nella semplice raccolta e riproposizione di testimonianze, ma in una complessa costruzione dialogica di narrazioni in cui l'intervistatore è altrettanto in gioco, altrettanto coinvolto dell'intervistato [...] Non si può fingere che un dialogo sia un monologo [...]. Infine: se uno scrive un libro, usando le fonti orali, le trascrive, le monta, le riporta - e poi le analizza, immette la propria voce in mezzo alle altre, apertamente, si prende la responsabilità e si mette in gioco cercando di dire che cosa pensa che significhino. In video, ancora non abbiamo trovato il modo di fare la stessa cosa senza ricorrere a mezzi inadeguati - le teste parlanti, la voce fuori campo. Il risultato è che, lungi dal parlare da sé, la testimonianza resta sola e criptica, senza il supporto dell'analisi".
Quindi a tutt'oggi storia orale e storia in audiovisivo o filmica, che sembrerebbero nate per completarsi a vicenda, restano tra loro profondamente diverse, anche se non si può escludere che un impegno metodologico congiunto di storici orali e registi possa in futuro modificare la situazione".

Nessun commento: